
L’uomo è una creatura inquieta, sempre alla ricerca di risposte che non troverà mai. Eppure continua a cercarle. Fosse anche nel vuoto cosmico. Accade ora più che mai, nel mondo che si è trasformato in un palcoscenico globale dove chiunque, con il pretesto di una verità acquisita e un telefono in mano, può farsi ingegnere, medico o scienziato. Il fenomeno non è nuovo, ma la sua intensità, amplificata dai mezzi di comunicazione, ha raggiunto vette strabilianti.
Non è difficile trovarli, questi cercatori di mestieri. Si annidano nei commenti di pagine Facebook, nei video di TikTok, di YouTube, nelle trasmissioni radiofoniche improvvisate, sempre pronti a dispensare la loro saggezza. E il loro pubblico, più che un’audience informata, è composto da altri cercatori di mestieri, pronti a raccogliere ogni singola parola, ogni frase fatta, come se fosse la verità rivelata.
Si spacciano per ricercatori, scienziati, si credono giornalisti, ma sono solo voci che gridano nel vuoto, dando risposte a domande che nessuno si è mai posto perché senza senso. Si ergono a esperti di salute, parlano di virus come se avessero passato una vita intera nei laboratori, si improvvisano ingegneri del futuro, prospettando soluzioni miracolose a problemi di ingegneria complessa. La loro autorità è fragile come il filo di un ragno, eppure non esitano a pontificare, alimentando una verità che non hanno il coraggio di verificare.
Lo fanno, però, perché non sanno come occupare il tempo. Il tempo che si è fermato o che, forse, è diventato troppo rapido da comprendere. Le ore della giornata sembrano scivolare via come sabbia nelle mani, e allora, per riempire quel vuoto che altrimenti li inghiottirebbe, si attaccano al microfono, alla videocamera, al primo strumento che consente loro di apparire, di esistere. E dietro quella maschera c’è sempre una disperazione di fondo. La mancanza di un vero scopo, la carenza di competenze che si tenta di mascherare con il volume della voce, con il numero di follower, con la convinzione che, se si urla abbastanza forte, la realtà si arrenderà alla finzione.
I cercatori di mestieri non sono altro che simulacri di una società che ha perso la capacità di discernere tra il sapere vero e quello apparente. Non si fermano mai, questi moderni Ulisse senza rotta, perché la rotta la stanno inventando mentre la percorrono. Il loro coraggio, se di coraggio si può parlare, non sta nel tentare di risolvere un problema, ma nell’affermare che ogni problema ha una soluzione, a patto che siano loro a proporla. E in questa presunzione, forse, sta il loro “fascino”. Un fascino che si nutre di ignoranza, di superficialità e del bisogno quasi patologico di essere visti.
Ma la verità, in fondo, è che questi cercatori di mestieri non sono altro che fantasmi. Sono ombre che si aggirano nel buio di un mondo che non ha più il coraggio di fare domande, perché teme la risposta. Sono coloro che, davanti a una luna che non risponde mai, continuano a ragliare, convinti che almeno l’eco del loro grido possa significare qualcosa. E mentre loro raccontano storie di fantascienza e fantapolitica, il mondo reale continua a girare, imperterrito.
La vita, nonostante il chiasso, non si ferma mai. La luna, in fondo, non si lascia mai impressionare dalle urla di chi cerca di farsi ascoltare. Non è mai stata lì per chiacchierare con noi, né per darci risposte. Non ha bisogno di microfoni o palcoscenici. E, così, mentre i cercatori di mestieri continuano a ragliare, a disegnare scenari che non conoscono, a gonfiare le loro parole nell’illusione di un potere che non possiedono, la realtà va avanti, lenta ma inesorabile.
Non dobbiamo seguirli. Non dobbiamo fermarci a guardare chi si sforza di essere qualcosa che non è. Perché la vita, quella vera, è fatta di passi silenziosi. Di momenti che non hanno bisogno di essere amplificati. Di errori che insegnano senza bisogno di spiegazioni. Di scelte che, spesso, non sono quelle che ci aspettavamo, ma sono quelle che ci definiscono.
Anche senza il loro frastuono, la vita scorre. E, senza nemmeno accorgercene, scivola via con noi sopra. Indifferente a chi si perde nei propri ragli. Perché la vita non ha bisogno di essere vista da un telefono, né di essere sentita da una folla. Va avanti, comunque, in silenzio, come il corso di un fiume che non si lascia fermare da nessuna parola. E mentre inseguono il loro posto nel mondo, noi possiamo solo guardare avanti, sapendo che, alla fine, la verità non si amplifica. La verità si vive.