Non credo. Non ho mai creduto. Né a Dio, né alla Chiesa, né tantomeno alle buone intenzioni di chi parla dei poveri ma se ne guarda bene dall’aiutarli. Anche solo con un gesto di solidarietà. Non ho mai creduto e non comincerò certo adesso. Eppure, ora che Papa Francesco è morto, mi dispiace. Non per la perdita di un Papa. Ma per la perdita di un uomo diverso.
Mi piaceva. Lo dico senza esitazione. Mi piaceva perché non era teatrale, non era falso. Non portava maschere, né parlava per frasi fatte. Aveva l’atteggiamento di un uomo vero. Di una persona che aveva conosciuto la sofferenza e, forse proprio per questo, aveva imparato a non giudicare. Ma soprattutto, mi piaceva perché odiava le chiacchiere.
Lo diceva senza troppi fronzoli che il pettegolezzo è una forma di terrorismo. Su questo avevamo le stesse idee. Per questo mi piaceva. E’ raro sentire qualcuno, e tanto più un Papa, usare parole così schiette. Senza paura. Contro il veleno quotidiano che si infiltra in relazioni, famiglie, “amicizie” e corridoi del potere.
Aveva un’allergia per il chiacchiericcio, per quella tendenza tutta umana a divorare il prossimo con la lingua. E forse anche per questo amo tanto gli animali, perché non conoscono cattiveria e invidia. Io, che non credo a nulla tranne che alla razionalità, alla scienza e ai fatti (non alle chiacchiere), lo sentivo vicino. Perché anche lui, proprio come me, detestava, chi semina il dubbio non per cercare risposte, ma per distruggere, dividere e fare male. E sono soprattutto i falliti ad usare meglio la lingua per infangare il prossimo, tentando di emergere. Ma durano poco. Il tempo è sempre galantuomo.
Papa Francesco non era un santo e nemmeno cercava di sembrarlo. Aveva voce lenta, stanca, come chi ha camminato tanto e ha smesso di volere convincere tutti. Non dava risposte assolute, ma parlava con schiettezza. Con la stessa limpidezza di chi non cerca effetti speciali e neppure consenso. E anche se non ha cambiato la Chiesa, perché, parliamoci chiaro, nessuno può cambiare davvero un sistema che vive da secoli di posizione, ha avuto il coraggio di toccarla con mani nude. Di parlare a cuore aperto, anche quando ha dichiarato, in una delle sue tante interviste, di “non essere nessuno per giudicare”.
Non prego, l’avete capito. Non l’ho fatto nemmeno ieri, non lo farò oggi e neppure domani. E non credo che da qualche parte ci sia un Dio che lo accoglierà. Per me la vita finisce con la morte. Punto. Sono convinta che non serve pregare. Serve stare bene con la propria coscienza. Serve essere umili, rendersi utili, fare volontariato, aiutare chi ha meno, stare vicino a chi sta peggio di te. Questo, per me, è avere pace interiore. E’ il mio punto di vista, ma rispetto anche chi ha fede. Ognuno è libero di vivere come vuole, nel rispetto degli altri.
Pregare e battersi il petto in chiesa, per poi uscire e parlare male del prossimo, è solo ipocrisia. Pura ipocrisia. E l’ipocrisia, soprattutto quando si traveste da fede, è una delle forme più sottili di cattiveria. A mio avviso, molto pericolosa.
Papa Francesco non era sicuramente perfetto, ma almeno non era ipocrita. E basta questo per riconoscergli tutto il mio rispetto. Ciao Francesco, che la terra ti sia lieve.





