Si avvicina la bella stagione, le giornate diventano più lunghe e fare una passeggiata “fuori porta” diventa una magnifica opportunità, quindi perché non fare una gita a Sabaudia per scoprirne tutto il fascino?
La dimensione onirica di Sabaudia
La dimensione onirica, magica, surreale a volte metafisica dei luoghi e degli spazi che caratterizzano Sabaudia e la bellezza di un paesaggio e di una natura che ti “mozzano” letteralmente il fiato sono una realtà imprescindibile da sempre. Guardando il mare, dopo aver attraversato il lago interrotto dal profilo di Circe, come non pensare al fascino dolce e maligno della maga che tra sentieri rupestri e selve intricate cercava l’erba moli per filtri e pozioni che avrebbero cambiato per sempre la vita ed il volto dei suoi amanti.
Come non immaginare danze e banchetti tra le colonne romane che Domiziano, l’imperatore dio, aveva fatto erigere nella sua incantevole villa tra terme e piscine, anfiteatri e palestre, come dimenticare secoli di
abbandono in cui la natura ha preso il sopravvento sull’uomo e l’aria e diventata “mal’aria”, cattiva aria, ed i magici luoghi … pantani.
Città di Fondazione
Ma di nuovo un sogno ha prevalso sulla realtà, un sogno di umane fatiche, un sogno che si è tradotto nella fondazione della città, un sogno che dal condottiero, conquistatore, combattente è diventato il sogno di tutti, avere una casa, una terra, un nuovo progetto di vita, tra integrazione e affermazione su una realtà tutta da scrivere e costruire. Sabaudia ha ora 85 anni, una città quasi bambina rispetto alle tante sorelle italiane che vantano secoli di storia, e da centro agricolo, come voleva il suo fondatore si è trasformata in luogo di vacanze, come la natura da sogno che la circonda imponeva.
Una comunità che ha saputo conservare, nonostante il continuo attacco dell’abusivismo edilizio, un mare cristallino e trasparente, una spiaggia dorata lunga 20 Km che in primavera, quasi per miracolo, si tinge di
rosa, di giallo e di bianco, l’ombra di querce centenarie, che numerose vivono nel Parco Nazionale, sentieri rocciosi che solitari s’inerpicano sul promontorio del Circeo.
Le strade lunghe e piane che a griglia ne segnano la campagna circostante regalano, a chi è disposto ad abbandonare la macchina, piacevoli passeggiate a piedi o in bicicletta lungo i percorsi che aironi e martin
pescatori hanno scelto come oasi di sosta durante i loro lunghi voli.
Sabaudia, però come abbiamo accennato, è anche immergersi nel passato, tra mitiche maghe e imperiali memorie di fasti romani ormai perduti, solcare il mare e approdare nell’isola di Zannone, unica perla disabitata dell’arcipelago pontino, ancora intatta e incontaminata, visitare antichi romitori dove anche i templari soggiornarono, come è accaduto a S. Maria della Sorresca, piccola isola medievale tra il moderno imperante.
Città metafisica
Sabaudia, infatti è principalmente vivere la modernità dell’architettura, scoprire nelle piazze gli scorci metafisici alla De Chirico, respirare il silenzio di una bianca città rotto solo dal canto degli uccelli, che scrittori famosi e registi ancor più prestigiosi hanno strappato dall’oblio in cui per decenni è rimasta rinchiusa a causa del suo “peccato originale”: essere una città di fondazione. Non a caso Pier Paolo Pasolini parlando di Sabaudia diceva: eccoci di fronte alla struttura, la forma, il profilo di una città immersa in una specie di luce lagunare, benché intorno ci sia una stupenda macchia mediterranea. Quanto abbiamo riso, noi intellettuali, dell’architettura del regime, sulle città come Sabaudia. Eppure adesso queste città le troviamo assolutamente inaspettate … la sua architettura non ha niente di irreale, di ridicolo ….
Sabaudia, benché ordinata dal regime secondo certi criteri di carattere razionalistico, estetizzante, non trova le sue radici nel regime che l’ha ordinata, ma trova le sue radici in quelle realtà che il fascismo ha
dominato ma che non è riuscita a scalfire è quella realtà dell’Italia provinciale, rustica, paleoindustriale che ha prodotto Sabaudia, non il fascism. E Bernardo Bertolucci, non da meno, ricorda: “nel 1958, io
avevo 17 anni. Moravia chiamò mio padre e gli disse: perché non mi accompagni, vado a cercare una casa sul lungomare di Sabaudia, sulle dune e mio padre porta anche me. Veniamo qui, il posto è bellissimo, in realtà non molto diverso da oggi perché qui per fortuna a un certo punto hanno smesso di fare case.
Tornando ci fermiamo a Sabaudia a bere un caffè, e mi ricordo come Alberto, mio padre (ed io anche imitandoli), proprio fossero offesi dalla bruttezza dell’architettura fascista di Sabaudia. Flash in avanti,
vent’anni dopo ’78. Io giro La Luna, proprio in questa spiaggia, e miracolosamente Sabaudia che era l’orribile architettura fascista, è diventata bellissima. Sono i misteri dell’evoluzione del gusto, nel ’58
l’estetica non bastava a salvare il luogo, c’era il ricordo storico”. Oggi che quel ricordo si è pian piano stemperato e forse con più obiettività si cerca di analizzare quanto è stato effettivamente realizzato vale la pena sottolineare che Sabaudia è divenuta tra le più note città di fondazione anche in campo internazionale, grazie al felice connubio del suo impianto urbanistico ed un ambiente naturale del tutto eccezionale. Così, l’ Associazione DO.CO.MO.MO Italia nel 1996 ha inserito il suo complesso edilizio e urbanistico nell’elenco delle 18 opere italiane più significative del ‘900, da includere nel programma
DO.CO.MO.MO International, per una selezione del patrimonio moderno internazionale.
Nata come città rurale porge le spalle al mare e si affaccia sulla pianura pontina e verso il Parco Nazionale del Circeo, 8000 ettari di foresta planiziaria dell’antica Selva di Terracina salvata nel 1934 dall’abbattimento. Doveva essere un centro di servizi per la campagna circostante. Erano previsti il municipio, la chiesa con annessa casa delle suore, l’ospedale, la maternità e infanzia, il cinema teatro, la casa delle associazioni combattentistiche, la casa del fascio, l’albergo, le poste e telegrafi (caratterizzata dalle tessere blu Savoia omaggio alla casa regnante di cui la città porta il nome), la caserma dei carabinieri, il campo sportivo, l’ippodromo, le scuole (con biblioteca, palestra e sala scherma), il cimitero, oltre naturalmente negozi, case di abitazione, uffici e direzione dell’Opera Nazionale Combattenti (ente che curò l’appoderamento e la costruzione della città), il serbatoio idrico, l’edificio destinato alla milizia volontaria di sicurezza nazionale e alla milizia portuaria, opere oggi destinate alla Marina Militare, il macello e il mercato coperto. Non dobbiamo dimenticare che era il periodo della battaglia del grano, della ruralizzazione forzata, dell’autarchia agricola che si contrapponeva alle concezioni che privilegiavano la concentrazione del proletariato nelle metropoli urbane ed industriali. L’aver strappato “ alla mortifera palude” migliaia di ettari
coltivabili, inoltre, era una vittoria di cui ne’ imperatori romani, ne’ papi, ne’ conquistatori, come Napoleone, avevano potuto fregiarsi. Tuttavia la posizione incantevole del luogo e le sue bellezze paesaggistiche ben presto ne hanno cambiato la vocazione e così, da sito per pastori transumanti prima, e centro di servizi per l’agricoltura poi, si è trasformata in cittadina a vocazione turistica e sportiva.
Città a vocazione turistica
Quel mare a cui la città voltava le spalle, divenuto elemento fondamentale di richiamo, viene collegato con il ponte Giovanni XXIII, progettato da Riccardo Morandi, ma già previsto nel piano del ’33 .
L’opera costruita nel 1962 viene inaugurata tre anni più tardi. Negli anni del boom edilizio ed economico intorno alla città sorgono numerose le lottizzazioni che accolgono le residenze estive, anche una parte della duna viene costruita con la realizzazione di sontuose ville, come quella del Conte Volpi di Misurata, o le splendide realizzazioni di Michele Busiri Vici. .
Il fenomeno, fortunatamente è interrotto a seguito dell’adozione del piano regolatore generale di Sabaudia redatto nel 1972 da Luigi Piccinato, da Eugenio Montuori e da Martino Taviano. A quel tempo, afferma in una nota Nello Ialongo, sindaco dell’epoca dei fatti di cui stiamo parlando, il provvedimento, del tutto inedito, di tutela assoluta delle coste del mare e dei laghi fu considerato, dalle persone più avvertite, lungimirante ed estremamente urgente, mentre trovò del tutto impreparata l’opinione pubblica cittadina. Infatti l’Amministrazione Comunale di allora subì numerose e vivaci proteste.
Il piano regolatore di Piccinato, con le previsioni di tutela di aree molto importanti del territorio, anche quelle poco conosciute dai cittadini, ebbe anche la funzione di un vero piano paesistico. Successivamente anche la Regione Lazio interverrà in questa delicata materia con la legge n. 30 del 1974, introducendo fasce di rispetto di 300 metri dal mare e di 150 metri dai laghi. In virtù di tali provvedimenti l’Italia, sia pure attraverso una sua regione, anticipò, di molti anni – come scrive Nello Ialongo – le leggi di protezione delle coste successivamente emanate da importanti paesi del Mediterraneo, quali la Francia e la Spagna.
Architettura e paesaggio integri
Vale la pena sottolineare che a differenza di tanti scempi perpetrati sui litorali limitrofi, dove il caos e l’abusivismo edilizio l’hanno fatta da padrone, nelle opere di Busiri Vici l’architettura e il paesaggio risultano
perfettamente integrati, tant’è che il costruito pervade il territorio circostante e la natura entra prepotentemente entro la spazialità dell’abitare in un ricco sincretismo di colori, immagini ed elementi architettonici di spiccata matrice mediterranea.
L’edilizia legata al fenomeno della doppia casa, andando ad occupare prevalentemente il territorio a margine della città, fortunatamente ha consentito la perfetta conservazione del centro storico e dell’assetto urbanistico realizzato da Cancellotti, Montuori, Piccinato e Scalpelli.
La città, divisa in quattro quadranti dai due assi viari principali: il cardo e decumano, di chiara ispirazione romana, a cui si sovrappone la concezione medioevale della città basata sul sistema di torri e piazze che scandiscono le istituzioni e i diversi luoghi del potere, nonché il moderno riutilizzo dei materiali di costruzione della tradizione italica quali il laterizio e il marmo, rimane inalterata e permette la sua lettura in modo preciso e puntuale, a differenza di molti altri centri in cui questo non è avvenuto. I tetti a terrazza, i colori caldi e mediterranei, la vicinanza con Roma e Napoli e al tempo stesso la sua sede decentrata rispetto alle vie di comunicazione più importanti, ne fanno un piccolo gioiello da conservare e preservare per le
generazioni future. Come Le Corbusier ha asserito: Sabaudia è un dolce poema, forse un po’ romantico, pieno di buon gusto segno evidente di amore. Quello stesso amore che ci ha spinto a percorrere questo viaggio tra emozioni, ricordi, e cultura, affinché quella Sabaudia che tanto amiamo rimanga nell’immaginario collettivo nel suo aspetto più inviolato fatto di
albe e tramonti, cristalli di luce che si rispecchiano sull’acqua, piccoli fiori che sfidano l’arsura delle dune, leggeri uccelli che si librano come anime nell’azzurro infinito dell’orizzonte, un sogno insomma che ogni nuovo giorno si fa realtà per regalarci una nuova emozione. Un’emozione che si fa scrittura per conservare in eterno le bellezze di questi luoghi fatti di sogno e realtà come è la vita di ognuno di noi.


Bellissimo articolo, grazie