Prima i rospi. Troppo pericolose le piscine per gli anfibi. Quando d’estate vengano utilizzate disturbano la riproduzione di tali animali e d’inverno possono diventare per loro una trappola.
Questo uno dei principali motivi che hanno portato il Parco Nazionale del Circeo a vietare a una donna di realizzare appunto una piscina vicino alla sua abitazione. Il provvedimento è stato ora avallato dal Tar di Latina che ha respinto il ricorso della proprietaria dell’immobile, ritenendolo infondato.
La storia
Tra i vincoli presenti sul territorio di Sabaudia sembra così spuntare anche quello a tutela di rospi e rane. La ricorrente, realizzata senza le necessarie autorizzazioni la sua abitazione alle porte della città, nel 1986 chiese la sanatoria e la ottenne soltanto nel 2015. Dopo ben 30 anni. Per la piscina però, nonostante i pareri favorevoli della Regione, della Provincia e della Soprintendenza sugli aspetti paesaggistici, ambientali e idrogeologici, sembra tutto ancor più complesso. Già nel 2012 la proprietaria dell’immobile aveva chiesto all’Ente Parco Nazionale del Circeo il nulla osta per realizzare l’impianto e poi aveva presentato un’istanza al Comune per ottenere il permesso a costruire. Ma niente. Tentata di nuovo la strada dell’abusivismo, la donna era stata quindi bloccata e denunciata dai forestali, ottenendo infine dalla Procura il permesso a ripristinare lo stato dei luoghi. A fare un bagno in giardino la ricorrente non ha però rinunciato e, davanti al diniego del Parco al rilascio del nulla osta, seguito dal permesso negato dal Comune, ha fatto ricorso. Niente da fare. Quella zona è inquadrata come agricola, dove è vietata la realizzazione di manufatti che non sono necessari a portare avanti le attività del fondo agricolo e vi è il problema degli anfibi.
Parere negativo, le motivazioni del parco
Il Parco ha definito la piscina un intervento “invasivo” e negativo per “l’habitat riproduttivo della fauna acquatica del luogo”. Non sono state ritenute sufficienti neppure le soluzioni prospettate dalla ricorrente di coprire in inverno la piscina e di alimentarla anche con acqua di pozzo. Può diventare una trappola per rospi e rane, vanificare lo “sforzo riproduttivo” di tali animali e contribuire pure a far ulteriormente abbassare la falda acquifera e ad aumentare la salinità del suolo. Motivazioni ritenute più che valide dal Tar, che ha evidenziato “la piena potestà del Parco alla preservazione dei valori naturali del suo territorio”. Niente tuffi per gli umani e largo agli anfibi.
