Le ‘grida’ dei lecci imprigionati nel cemento

Sono un vecchio leccio dalla chioma possente, abito nel parco, dove aveva vissuto anche mio nonno, prima questo luogo era chiamata ” la selva marittima di Terracina”, dove vivevano anche i nostri cugini: sughere e querce  così  grandi, che servivano le braccia di due boscaioli per cingerci. Le mie radici sono libere, come i  miei immensi rami.

Tosati come barboncini

Sono la casa di una gran varietà di uccelli, anche i picchi si divertono a tamburellare sul mio tronco. Ogni anno produco un numero infinito di ghiande, con la speranza di far crescere un bosco intorno a me. Invece i miei figli sono stati trapiantati  su un marciapiede in un minuscolo buco, in cui le radici non hanno spazio, tra cemento ed asfalto, crescono sfittici e brutti ed ogni anno, neanche fossero barboncini vengono tosati, dire potati è  impossibile, trasformandosi in ridicoli birilli, palline o non so cosa.

“Non siamo alberi da marciapiede”

Eppure ricordo i discorsi degli architetti che hanno disegnato questa città: lungo le strade pianteremo oleandri, alberi di Giuda, pruni, piccole essenze in linea con la dimensione delle case e delle strade. Mi fa male vedere i miei figli imprigionati così, possibile che non si comprenda che non siamo alberi da marciapiede? Che siamo stati creati per la foresta, là  è  la nostra casa, là  dobbiamo stare. Così  parlando il vecchio leccio scuote la sua chioma e ricorda i vecchi corsi pieni di fiori e colori e quei giovani uomini, pieni di buon senso e amore per quella giovane città

Author: Daniela Carfagna

Nella vita ho fatto veramente tante cose, perché sin da bambina mi hanno insegnato che non è tanto importante il lavoro che si fa, ma come lo si fa. Così il venerdì mi sono laureata in lettere con 110 , a 23 anni, e il lunedì ero sui campi della ditta Terra Flora a raccogliere rape, colorabi e ravanelli, un lavoro durissimo che iniziava alle 5 del mattino e finiva alle 11 di sera. Poi il contatto e il piacere con i ragazzi a scuola, come insegnante di ginnastica e di lettere, infine l’ingresso nel mondo della cultura con il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali e con il Comune di Sabaudia. Più di quarant’anni dedicati ai servizi culturali del territorio pontino prima e alla città dalle bianche torri, poi. In realtà un “non lavoro” , una passione ed un amore indiscusso che mi ha regalato molto, moltissimo, in pratica il mio “ quarto figlio” a cui credo di aver dedicato la vita. Oggi ho la fortuna di fare ciò che ho sempre amato, ma che prima non mi era consentito per gli impegni, i figli da crescere ed una famiglia da mandare avanti da sola: scrivere, leggere, viaggiare, ballare, pagaiare sul lago di Paola, con il gruppo Donna Più della Lilt, sezione di Latina, camminare, far fotografie. Adoro l’arte, il cinema e la buona compagnia. Il mio motto “la bellezza e la poesia salveranno il mondo”

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